mercoledì 25 maggio 2011

GLI ETRUSCHI DALL'ARNO AL TEVERE





Produttrici di una grande ricchezza impostata su agricoltura materie prime e commerci le città dell'Etruria fra i due fiumi dell'Italia centrale vissero una storia tutta giocata sulla loro gelosa autonomia e alla fine sul rapporto perdente con Roma: una vicenda che Cortona tutt'oggi evidenzia con vivaci iniziative legate all'antico passato etrusco...

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Vivere a ridosso dei fiumi: un obiettivo tenacemente perseguito fin dalla nascita dei primi agglomerati urbani. Lo fu per le popolazioni che vissero tra Tigri ed Eufrate, per gli Egizi lungo il Nilo, per gli Indiani a ridosso del Gange. Il fiume nel mondo antico, e dunque anche per gli Etruschi, è anzitutto risorsa idrica per l’agricoltura e l’allevamento, habitat favorevole alla caccia e alla pesca, luogo ricco di prodotti secondari spesso preziosi per la vita quotidiana (come le canne palustri, abbondantemente utilizzate nella carpenteria e nelle costruzioni, i giunchi, alcune specie di erbe); è, naturalmente, via di trasporto per uomini e merci, tramite zattere o barchini, di cui ci parlano le fonti antiche e i rinvenimenti archeologici (specialmente i modellini di barche). Il fiume costituisce altresì un confine tra città, etnie diverse, ma è anche luogo di contaminazione e osmosi fra culture, nonché sbocco verso il mare. Come tutti i corsi d’acqua in Etruria, proprio per questa carica di elementi positivi per la vita dell’uomo, il fiume è dimora di un dio, di cui talvolta si conosce il nome: è il caso di un bronzetto di atleta rinvenuto a metà Ottocento in località Quarata vicino ad Arezzo, con dedica alla divinità Clanin(sl), cioè il fiume Clanis, la Chiana.

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