lunedì 16 maggio 2011

Sarcofago degli sposi

A Cerveteri furono trovati due straordinari cinerari in terracotta, detti "Sarcofagi degli Sposi", uno al Louvre di Parigi, l'altro a Roma, al Museo di Villa Giulia. Quest'ultimo è il più bello dei due, il più naturale, anche nella voluta stilizzazione ionica. Viene chiamato sarcofago, ma in realtà è una grande urna cineraria in terracotta, come mostrano i fori nella parte posteriore delle figure.

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Risale alla seconda metà del VI secolo a.C. ed è considerato uno dei capolavori dell’ arte etrusca, fortemente influenzato dall’arte ionica.
Due coniugi sono raffigurati sdraiati semidistesi su un triclinio, avente zampe adornate di volute e su un materasso munito di coperta e cuscino, in posizione di perfetta parità,come se partecipassero ad un banchetto; detta consuetudine fu ripresa dai Romani, che molto amavano le conversazioni conviviali.
Il marito, dal petto possente e muscoloso, appoggia affettuosamente il braccio destro sulla spalla della consorte. I movimenti delle loro mani, che un tempo reggevano coppe e patere, per un'ultima libagione, si intrecciano in un gioco prezioso: le espressioni serene dei volti, i gesti pacati, ci parlano di un reciproco amore e, soprattutto, di un profondo rispetto.


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L’atteggiamento dell’uomo, ritratto in atteggiamento affettuoso accanto alla sua sposa, sottolinea la considerazione ed il rispetto che godeva la donna nella società etrusca. Ella era tenuta in grande considerazione e aveva un ruolo di tutto rilievo nella vita quotidiana e sociale. Partecipava ai banchetti, come testimoniano le pitture delle tombe di Tarquinia, assisteva a spettacoli e giochi, presenziava a feste e cerimonie: dava anche il suo cognome ai figli. I corredi funebri hanno rivelato che le etrusche potevano possedere oggetti lussuosi e raffinati, sui quali amavano far imprimere il loro nome personale e quello di famiglia. Ricevevano un'adeguata educazione e spesso erano in possesso di una buona cultura, che sapevano mettere a frutto.


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I due sposi dovevano tenere in mano degli oggetti conviviali da utilizzare al loro banchetto funebre e che era organizzato da amici e parenti in loro onore. O forse la sposa versa del profumo nella mano dello sposo.
Il marito, con lunghi capelli e barba a punta, appoggia affettuosamente il braccio destro sulla spalla della consorte. Le espressioni serene dei volti, i gesti pacati, parlano di un reciproco amore e, soprattutto, di un profondo rispetto.
Minore attenzione è riservata alla parte inferiore dei corpi, piuttosto schiacciata e rigida. La donna porta ai piedi le scarpe a punta dette "calcei repandi" e in testa il "tutulus", caratteristici capi di abbigliamento etruschi, di origine orientale. Ha lunghe trecce che le scendono sul petto ed è vestita di tunica e manto. Gli occhi allungati e obliqui dei coniugi non riproducono una caratteristica etnica, ma rispecchiano lo stile arcaico.


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L'influenza greco-orientale è evidente. Sono visibili elementi di derivazione ionica che dimostrano i continui contatti che l'Etruria aveva con il mondo greco, come ad esempio il sorriso, l'acconciatura dei capelli, le superfici levigate e la longilineitá dei volti. Tutto ció, peró, é interpretato in maniera personale e assolutamente anti-classica. Nella composizione é accentuato uno squilibrio portato dalla diminuzione dello spessore nelle gambe e dall'aumento dello stesso nei busti. La posizione della coppia sposta tutto il peso verso destra e rompe l'equilibrio dell'intera figura.


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La straordinaria limpidezza disegnativa delle linee sinuose, si accompagna all'incisiva espressione dei volti. Nonostante questo le figure risultano spigolose: i visi triangolari con i menti aguzzi, accentuati nell'uomo dalla barbetta, e gli occhi a mandorla rialzati ai lati; i due volti, quasi simili, sembrano ripetere lo stesso motivo sottolineandolo. Il sorriso, al contrario della serenitá greca, pare esprimere qualcosa di "beffardo" e ironico.
Le dimensioni dei corpi - a grandezza pressoché naturale - rivelano la maestria raggiunta dagli etruschi nel modellare e nel cuocere l’argilla. La ricchezza delle decorazioni di superficie, l’attenzione alla resa delle figure con piani morbidi e sfuggenti, tutto parla della raffinatezza dell’arte etrusca dell’epoca, che aveva saputo quindi recepire le conquiste anatomiche e spaziali greche, facendole proprie ed esaltandole con una più spiccata attenzione naturalistica.

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