A Cerveteri furono trovati due straordinari cinerari in terracotta, detti "Sarcofagi degli Sposi", uno al Louvre di Parigi, l'altro a Roma, al Museo di Villa Giulia. Quest'ultimo è il più bello dei due, il più naturale, anche nella voluta stilizzazione ionica. Viene chiamato sarcofago, ma in realtà è una grande urna cineraria in terracotta, come mostrano i fori nella parte posteriore delle figure.
Risale alla seconda metà del VI secolo a.C. ed è considerato uno dei capolavori dell’ arte etrusca, fortemente influenzato dall’arte ionica.
Due coniugi sono raffigurati sdraiati semidistesi su un triclinio, avente zampe adornate di volute e su un materasso munito di coperta e cuscino, in posizione di perfetta parità,come se partecipassero ad un banchetto; detta consuetudine fu ripresa dai Romani, che molto amavano le conversazioni conviviali.
Il marito, dal petto possente e muscoloso, appoggia affettuosamente il braccio destro sulla spalla della consorte. I movimenti delle loro mani, che un tempo reggevano coppe e patere, per un'ultima libagione, si intrecciano in un gioco prezioso: le espressioni serene dei volti, i gesti pacati, ci parlano di un reciproco amore e, soprattutto, di un profondo rispetto.
L’atteggiamento dell’uomo, ritratto in atteggiamento affettuoso accanto alla sua sposa, sottolinea la considerazione ed il rispetto che godeva la donna nella società etrusca. Ella era tenuta in grande considerazione e aveva un ruolo di tutto rilievo nella vita quotidiana e sociale. Partecipava ai banchetti, come testimoniano le pitture delle tombe di Tarquinia, assisteva a spettacoli e giochi, presenziava a feste e cerimonie: dava anche il suo cognome ai figli. I corredi funebri hanno rivelato che le etrusche potevano possedere oggetti lussuosi e raffinati, sui quali amavano far imprimere il loro nome personale e quello di famiglia. Ricevevano un'adeguata educazione e spesso erano in possesso di una buona cultura, che sapevano mettere a frutto.
I due sposi dovevano tenere in mano degli oggetti conviviali da utilizzare al loro banchetto funebre e che era organizzato da amici e parenti in loro onore. O forse la sposa versa del profumo nella mano dello sposo.
Il marito, con lunghi capelli e barba a punta, appoggia affettuosamente il braccio destro sulla spalla della consorte. Le espressioni serene dei volti, i gesti pacati, parlano di un reciproco amore e, soprattutto, di un profondo rispetto.
Minore attenzione è riservata alla parte inferiore dei corpi, piuttosto schiacciata e rigida. La donna porta ai piedi le scarpe a punta dette "calcei repandi" e in testa il "tutulus", caratteristici capi di abbigliamento etruschi, di origine orientale. Ha lunghe trecce che le scendono sul petto ed è vestita di tunica e manto. Gli occhi allungati e obliqui dei coniugi non riproducono una caratteristica etnica, ma rispecchiano lo stile arcaico.
L'influenza greco-orientale è evidente. Sono visibili elementi di derivazione ionica che dimostrano i continui contatti che l'Etruria aveva con il mondo greco, come ad esempio il sorriso, l'acconciatura dei capelli, le superfici levigate e la longilineitá dei volti. Tutto ció, peró, é interpretato in maniera personale e assolutamente anti-classica. Nella composizione é accentuato uno squilibrio portato dalla diminuzione dello spessore nelle gambe e dall'aumento dello stesso nei busti. La posizione della coppia sposta tutto il peso verso destra e rompe l'equilibrio dell'intera figura.
La straordinaria limpidezza disegnativa delle linee sinuose, si accompagna all'incisiva espressione dei volti. Nonostante questo le figure risultano spigolose: i visi triangolari con i menti aguzzi, accentuati nell'uomo dalla barbetta, e gli occhi a mandorla rialzati ai lati; i due volti, quasi simili, sembrano ripetere lo stesso motivo sottolineandolo. Il sorriso, al contrario della serenitá greca, pare esprimere qualcosa di "beffardo" e ironico.
Le dimensioni dei corpi - a grandezza pressoché naturale - rivelano la maestria raggiunta dagli etruschi nel modellare e nel cuocere l’argilla. La ricchezza delle decorazioni di superficie, l’attenzione alla resa delle figure con piani morbidi e sfuggenti, tutto parla della raffinatezza dell’arte etrusca dell’epoca, che aveva saputo quindi recepire le conquiste anatomiche e spaziali greche, facendole proprie ed esaltandole con una più spiccata attenzione naturalistica.
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