Lo Stivale "vero" e documentario: dal 22 al 29 marzo a Roma, con il 1960 di Salvatores e La stagione dell'amore pasoliniano di Scurati
Chi siamo noi italiani e come ci raccontiamo? Il Palazzo delle Esposizioni di Roma continua a indagare la costruzione dell’identità nazionale, dall’Unità sino ai nostri giorni, attraverso il cinema. Dopo quella sul Risorgimento, la rassegna di documentari "L’Italia vera", in programma dal 22 al 27 marzo (ingresso gratuito), pone l’attenzione sulla nostra storia più recente, per costruire un affresco polifonico degli italiani oggi.
Se la televisione nazionale ha svolto un ruolo centrale nella nostra definizione culturale, autori quali Italo Moscati (Concerto italiano. Storia e storie dell’Unità d’Italia, 22 marzo) e Gabriele Salvatores (1960, 23 marzo) attingono agli archivi della Rai per documentare l’immaginario sociale. E come le immagini della tv sostengono la nostra memoria collettiva, così le canzoni popolari scandiscono il tempo, come quelle di Ligabue - colonna sonora e voce narrante per Riccardo Gay in Niente paura (24 marzo) – o quelle per bambini dello Zecchino d’oro, con Il Valzer dello Zecchino – Viaggio in Italia a tre tempi di Vito Palmieri (26 marzo).
E, ancora, Testimonianze su emigrazione. Il nostro cinema di Rocco Giurato (25 marzo) porta una riflessione sull’identità migrante, che ritorna anche Sotto il Celio Azzurro di Edoardo Winspeare (26 marzo), ma dalla parte dei “nuovi italiani”.
A conclusione di questa panoramica, un archetipo del cinema d’inchiesta tricolore: lo scandaglio sentimentale con cui Pasolini penetrò l’Italia degli anni ’60, alla ricerca di un’identità emotiva che sentiva sfuggire a ogni definizione. "Qual è l’Italia vera? Quella che si vede nella mia inchiesta o quella che non si vede?": una domanda che il regista di Comizi d’amore si poneva con spirito autocritico e che resta ancora aperta, come dimostra il documentario di Antonio e Lorenzo Scurati La stagione dell’amore, aggiornamento dell’indagine pasoliniana che chiude la rassegna il 29 marzo.
Se la televisione nazionale ha svolto un ruolo centrale nella nostra definizione culturale, autori quali Italo Moscati (Concerto italiano. Storia e storie dell’Unità d’Italia, 22 marzo) e Gabriele Salvatores (1960, 23 marzo) attingono agli archivi della Rai per documentare l’immaginario sociale. E come le immagini della tv sostengono la nostra memoria collettiva, così le canzoni popolari scandiscono il tempo, come quelle di Ligabue - colonna sonora e voce narrante per Riccardo Gay in Niente paura (24 marzo) – o quelle per bambini dello Zecchino d’oro, con Il Valzer dello Zecchino – Viaggio in Italia a tre tempi di Vito Palmieri (26 marzo).
E, ancora, Testimonianze su emigrazione. Il nostro cinema di Rocco Giurato (25 marzo) porta una riflessione sull’identità migrante, che ritorna anche Sotto il Celio Azzurro di Edoardo Winspeare (26 marzo), ma dalla parte dei “nuovi italiani”.
A conclusione di questa panoramica, un archetipo del cinema d’inchiesta tricolore: lo scandaglio sentimentale con cui Pasolini penetrò l’Italia degli anni ’60, alla ricerca di un’identità emotiva che sentiva sfuggire a ogni definizione. "Qual è l’Italia vera? Quella che si vede nella mia inchiesta o quella che non si vede?": una domanda che il regista di Comizi d’amore si poneva con spirito autocritico e che resta ancora aperta, come dimostra il documentario di Antonio e Lorenzo Scurati La stagione dell’amore, aggiornamento dell’indagine pasoliniana che chiude la rassegna il 29 marzo.
Nessun commento:
Posta un commento